La “Salama da sugo” è un prodotto di salumeria costituito da una miscela di carni suine aromatizzate ed insaccate nella vescica naturale del suino. Il prodotto, previo asciugamento e stagionatura, può essere commercializzato come prodotto crudo, o con successivo trattamento termico, come prodotto cotto.
Peso compreso tra 700 e 1.400 grammi al termine del periodo di stagionatura.
Di forma sferica, cosiddetta a “melone”, legata tramite spago in 6/8 spicchi con strozzatura mediana al centro.
La superficie esterna è irregolare e eventualmente ricoperta da tracce di muffe che si producono naturalmente durante la fase di stagionatura.
Consistenza soda e compatta.
Caratteristiche chimiche (prodotto crudo)
Acqua: max. 30%
Grassi: 50%, +/- 5
Proteine: 20%, +/- 5
Rapporto collagene/proteine: 10 g/100 g, +/-3 g
2.3. Caratteristiche organolettiche (prodotto cotto)
colore: bruno scuro;
profumo: intenso, fortemente aromatico;
sapore: sapido, pieno, con residui aromatici che persistono anche dopo il pasto consistenza: morbida e granulosa.
La zona di lavorazione, stagionatura, condizionamento e confezionamento della “Salama da sugo” comprende il territorio amministrativo della provincia di Ferrara con esclusione dei comuni di Goro, Codigoro, Lagosanto e Comacchio.
La materia prima destinata alla produzione della “Salama da sugo” deve provenire da suini, la cui età di macellazione deve essere superiore ai 9 mesi e il peso non inferiore a 160 Kg, +/- 10%. Tra la macellazione dei suini e la lavorazione della carne deve intercorrere un intervallo minimo di 24 ore e massimo di 96 ore.
La “Salama da sugo” è costituita esclusivamente dai seguenti tagli di carne, e nelle percentuali indicate:
– goletta: 25%, +/- 15
– capocollo: 25%, +/- 15
– pancetta: 25%, +/- 15
– spalla: 20%, +/- 15
– lingua: 3%, +/- 2
– fegato: 2%, +/- 1
Un taglio di carne facoltativamente ammesso è:
trito di sottospalla (anche chiamato trito di lardo o trito di banco): 25 %, +/- 15.
Non è consentito l’uso di tagli di carne non precedentemente indicati.
Gli ingredienti per Kg di carne sono:
– vino rosso: 15 cl , +/- 5 cl
Possono essere impiegati i seguenti vini: Fortana, Merlot del Bosco Eliceo, Sangiovese di Romagna, Lambrusco, Refosco. L’invecchiamento non deve essere superiore ai 18 mesi.
– pepe nero spezzato e/o macinato: 2,5 gr , +/- 0,50 gr;
– sale marino grosso: 26 gr , +/- 4 gr.
Eventuali ingredienti facoltativi sono:
– spezie: cannella, noce moscata e chiodi di garofano impiegati insieme o singolarmente in quantità pari a 0,75 gr per Kg di carne, +/- 0,50 gr;
– brandy, grappa o rhum impiegati singolarmente come parziali sostituti del vino rosso.
La salama o “salamina” da sugo
Della vera nascita della Salama, nessuno sa la verità. Sta di fatto però, che da oltre cinquecento anni, questo insaccato, viene annoverato come uno dei principali prodotti della gastronomia ferrarese.
Certo è che leggendo attentamente la ricetta o le ricette (molte sono le varianti apportate), non si può che attribuire la sua nascita a Ferrara e alla Corte Estense.
Molti storici e studiosi sanno che, le spezie ed in particolare cannella, pepe e chiodi di garofano, per il loro costo, potevano essere usate solo da famiglie di alto rango e molto ricche.
Tra il XV e il XVI secolo Ferrara era un intrigo di culture internazionali, vuoi per le politiche matrimoniali, che per la presenza di una nota Università. Nell’arco di poco più di un secolo si succedettero alla corte estense duchesse aragonesi, francesi ed austriache che vi introdussero modelli e abitudini diverse.
La corte di Ferrara si distinse anche per l’attenzione che rivolgeva alla crescita scientifica, e una di queste materie era proprio la nutrizione. Non è un caso infatti che un certo Francesco Benzi, figlio di Ugo Benzi, medico senese e trattatista di scienze dell’alimentazione, dedicò ad Ercole I due trattati dai titoli “De fructibus vescendis” e “De venenis et morsibus ordaceam”, mentre a Borso (primo duca della città) appartenevano un “Tacuinum sanitatis” e un “Retrato de tute le herbe e de le loro virtù”; di quest’ultimo si sa che costò ben 20 ducati d’oro. In tale contesto culturale e in un intreccio tra storia e leggenda, ritroviamo le origini della “Salama da sugo – Salamina ferrarese” , inizialmente pietanza forte nei pranzi ducali al tempo degli Estensi, in seguito alimento dei contadini di molte zone del ferrarese (che ne rimangono i più genuini depositari), ed infine piatto delle grandi occasioni e circostanze della vita dei ferraresi.
Le prime testimonianze scritte riguardanti lavorazioni simili alla Salama da sugo, risalgono al periodo rinascimentale. Quanto all’utilizzo della carne di maiale, il Messisbugo manifesta un’attenzione particolare, rispetto a quella dimostrata dai precedenti trattatisti, soffermandosi dettagliatamente sulle operazioni di insaccatura dei salumi rifacendosi alla tradizione locale.
Della Salamina Ferrarese poi, non se ne parlò più per circa 200 anni, quando ai primi del ‘700, l’illustre storico ferrarese Antonio Frizzi sarà il primo autore a fornire abbondanti informazioni sulle origini e la storia nell’opera dal titolo ” Memorie per la storia di Ferrara”. Nel 1761 Don Domenico Chendi, parroco di Tresigallo, cittadina in provincia di Ferrara, pubblicò il volume “L’agricoltore ferrarese” edito dalla Stamperia Camerale di Ferrara, una sorta di manuale di agronomia suddiviso in 12 capitoli, uno per ogni mese.
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