Il Cicotto di Grutti è uno dei numerosi prodotti della tradizione italiana che rischiano di essere dimenticati.
Questo prodotto, per la straordinaria importanza che riveste nell’ambito della nostra tradizione alimentare, è oggetto della meritoria e fondamentale opera della Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus, che ha sviluppato un programma di tutela e salvaguardia (“Presìdi Slow Food” marchio registrato dalla Fondazione Slow Food) mirato a non disperdere queste straordinarie produzioni.
Il contributo di FOOD KM ZERO è quello di dare, attraverso queste pagine, ulteriore visibilità alle produzioni, oltre che accogliere segnalazioni, suggerimenti, aneddoti e qualsiasi altra informazione che contribuisca ad accrescere la conoscenza di queste ulteriori prove di straordinarietà del nostro Paese. Se ne hai, scrivi a info@foodkmzero.it.
Per conoscere il prodotto, consulta il sito fondazioneslowfood.com.
Storia e Curiosità
Grutti è un piccolo borgo medievale, frazione del comune di Gualdo Cattaneo. Ancora oggi conserva un forno a legna che in passato tutte le famiglie del borgo utilizzavano per cuocere le proprie pietanze, fra le quali il cicotto.
Il nome cicotto indicava il cosciotto del maiale e con esso la zampa, ingrediente fondamentale della preparazione. Già in testi del cinquecento si trova traccia di questa antica e gustosissima preparazione.
La preparazione del cicotto, oggi ancora tradizionalmente seguita a Grutti, prevede la cottura di diversi tagli teoricamente meno nobili del maiale: zampetti e stinco, orecchie, musetti, lingua, e interiora, abilmente disossati e puliti. La cottura avviene nel forno assieme alla porchetta: il cicotto è posto a cuocere proprio sotto di essa, per riceverne il grasso e i sapori speziati della cottura, risultandone così arricchito. Una cottura lentissima di quasi mezza giornata ne definirà l’eccezionale sapore e morbidezza. Oltre a essere così consumato può costituire complemento ad altre gustose preparazioni.
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